Terapia manuale

La Terapia Manuale rientra nelle cosiddette “medicine alternative”, un vasto ed eterogeneo gruppo di pratiche diagnostiche e terapeutiche che generalmente non vengono considerate affatto dalla medicina ufficiale, basata sulla terapia farmacologica o chirurgica delle varie patologie.

Il caso della Terapia Manuale è tuttavia ben diverso, perché si tratta di una disciplina che, pur basandosi sulla terapia manipolativa già utilizzata prima in Osteopatia e poi in Chiropratica, si è sviluppata sotto un continuo controllo critico e in un contesto teorico accettabile anche dalla medicina tradiziona ,grazie all’opera di studiosi come Maigne in Francia e Sell in Germania.

L’interesse medico per la terapia manipolativa delle disfunzioni dolorose dell’apparato muscolo-scheletrico nacque sotto la spinta dell’evidenza empirica dei risultati, che pur non convalidati dalle necessarie verifiche sperimentali non potevano essere ignorati, anche per la crescente diffusione dell’Osteopatia e della Chiropratica in strati sociali sempre più vasti.

La legittimazione neurofisiologica della terapia Manuale è venuta in seguito, quando l’elaborazione della teoria del “cancello” midollare di Melzack e Wall ha spiegato in modo convincente l’efficacia delle manipolazioni nelle sindromi dolorose dell’apparato locomotore.

È infatti ben noto che le afferenze tattili e propriocettive, una volta penetrate nel midollo spinale, chiudono il cancello della via del dolore attivando gli interneuroni inibitori dei neuroni nocicettivi spinali, inibendo cioè la trasmissione degli stimoli dolorosi.

Al contrario, le afferenze nocicettive, in particolare quelle amieliniche (fibre C) deputate al dolore di tipo urente, a lenta insorgenza e durata prolungata, facilitano il perpetuarsi della trasmissione dello stimolo doloroso inibendo gli interneuroni inibitori, determinando quindi una sensibilizzazione della via del dolore, che porta alla sua cronicizzazione.

A questo circolo vizioso concorre la contrattura antalgica, che per “difendere” le articolazioni iperalgiche ne impedisce il movimento, e di conseguenza limita fortemente gli stimoli propriocettivi, con ulteriore facilitazione della trasmissione del dolore.

La manipolazione interrompe questo circuito, perché determina un picco di afferenze tattili e propriocettive che chiudono il cancello midollare: questo desensibilizza i neuroni nocicettivi spinali e risolve la contrattura muscolare, con immediato sollievo per il paziente.

Va detto che l’azione della manipolazione risulterà antalgica solo quando condotta secondo le regole di Maigne, che consistono nella ricerca della direzione libera dal dolore, in cui praticare prima la mobilizzazione di prova e poi la manipolazione mirata sul punto di irritazione segmentale.

Seguendo queste regole il terapeuta si garantisce sia dal rischio di una paradossale riacutizzazione del dolore (in caso di manipolazione nella direzione algogena, perché allora le afferenze dolorose sovrastano quelle tattili e propriocettive), che da rare ma gravi complicanze quali quelle descritte a livello cervicale. Nel caso non sia presente una direzione libera, il trattamento va rinviato fino a quando altre terapie non consentiranno di ottenerne una.

Le indicazioni della Medicina Manuale sono le sindromi dolorose, localizzate alla colonna vertebrale e alle articolazioni degli arti, di natura benigna, cioè dovute a errata postura, artrosi sintomatica o esiti di traumi, patologie per le quali spesso non è soddisfacente il trattamento medico convenzionale e non è indicato il trattamento chirurgico.

Assolute controindicazioni sono le infiammazioni e i traumi in fase acuta, le infezioni, i tumori, l’instabilità articolare (particolarmente temibile quella atlo-epistrofea), la grave osteoporosi (che abbia determinato recenti crolli vertebrali), motivo per cui prima di eseguire il trattamento è sempre necessario eseguire accuratamente l’anamnesi e l’esame obiettivo, integrati quando opportuno con un esame radiografico. L’approccio manipolativo “dolce”, peculiare della Medicina Manuale, ne rende comunque possibile l’utilizzo in sicurezza anche in pazienti “fragili”.